Branding · 24 Gennaio 2024

Inquinamento visivo e come proteggersi

Desktop publishing, AI, consumismo, Comic Sans e altre calamità.

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Il Canone Vignelli

La creatività ha bisogno del supporto della conoscenza per potersi esprimere al meglio”, scriveva Massimo Vignelli che evidentemente riteneva, a ragione, di possederne abbastanza da potersi permettere affermazioni come questa. Era il 2009 e con la pubblicazione di The Vignelli Canon dettava le proprie linee guida per la comprensione della progettazione grafica, con particolare riferimento alla componente tipografica.

L’intento, chiaro da subito, è quello di mettercela tutta per qualificare il design non come un particolare stile o una moda temporanea, bensì una disciplina regolata da criteri semantici e sintattici precisi e basata sulla responsabilità e sull’integrità. Ma alcuni dei passaggi più interessanti di questo manuale, senza nulla voler togliere ai sacri comandamenti pratici in esso dispensati, sono invece quelli critici e impetuosi verso una serie di entità malvagie che minano la sua visione.

Dapprima rimprovera tutta quella frangia di colleghi a suo dire sprezzanti del consumatore e convinti dell’appeal che la volgarità è in grado di suscitare nelle masse, artefici perciò di prodotti volontariamente grezzi e volgari. Il termine volgarità, va precisato, implica per Vignelli la palese intenzione di una forma espressiva che ignora e bypassa di proposito qualsiasi forma di cultura consolidata. L’autore la pensa così:

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Massimo Vignelli

The Vignelli Canon (2009)

Considero questa azione come criminale poiché sta producendo un inquinamento visivo che sta degradando il nostro ambiente al pari di ogni altro tipo di inquinamento.

Più in profondità in questa serie di gironi danteschi risiede poi il desktop publishing. Tale fenomeno, consequenziale all’avvento dei computer e dei software di progettazione più o meno professionali, consiste in breve nella possibilità materiale da parte di chiunque di produrre contenuti grafici o editoriali (oggi aggiungeremmo anche digitali) in modo sconsiderato e contravvenendo ad ogni principio formale. Vignelli ci descrive uno scenario quasi apocalittico, parlando in termini tipografici di un concetto tranquillamente estendibile a qualsiasi altro aspetto della progettazione grafica:

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Massimo Vignelli

The Vignelli Canon (2009)

È stato un disastro di enormi proporzioni. Un inquinamento culturale di dimensione incomparabile. [...] se tutte le persone che fanno desktop publishing fossero dottori saremmo tutti morti! I caratteri tipografici hanno conosciuto un’incredibile esplosione. Il computer ha permesso a chiunque di progettare nuovi caratteri tipografici e ciò è diventato uno dei più grandi inquinamenti visivi di tutti i tempi.

Terribile.

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Di male in peggio (ma forse no)

Massimo Vignelli moriva nel 2014, cinque anni dopo aver scritto The Vignelli Canon, senza conoscere l’ulteriore, spietata minaccia che stava per affiorare di lì a meno di un decennio. Ma serve poco sforzo ad immaginare come avrebbe classificato l’avvento e l’utilizzo spesso improprio, sregolato, delle AI generative. Uno strumento ancora acerbo che si inserisce perfettamente ed anzi amplifica lo scenario di inquinamento visivo e culturale proliferante.

Si delinea un quadro decadente in cui si assiste a un livellamento verso il basso della qualità media dei prodotti di design, delle identità di marca, dei media e dei contenuti digitali che si lasciano risucchiare nel vortice consumistico dei trend più effimeri e temporanei.

In tutto questo marasma di loghi in Comic Sans sono privilegiati gli attori forti di un’identità visiva e verbale solida e che saranno in grado di costruire e mantenere nel tempo una brand heritage di successo. Il che non significa non intervenire quando l’efficacia comunicativa del brand nel proprio contesto di mercato è ormai compromessa, quanto piuttosto dotarsi, al momento opportuno, di una brand identity duratura capace di trascendere la cultura della mediocrità home-made e dell’obsolescenza programmata.

Ciò che potrebbe passare (solo) come l’isteria di un’intera categoria professionale, alla quale un idealista Vignelli presta voce e pathos, rappresenta in realtà il sintomo di una crisi percettiva nella quale la disponibilità degli strumenti e delle risorse rischia di annebbiare il valore della competenza e della visione a lungo termine. L’opportunità è quella, nella cacofonia generale, di riuscire ad essere tra i pochi a farsi ascoltare.

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